L'esperienza
Santa Rosalia è l’anima bella di santo Stefano di Quisquina, paese d’incanto dei Sicani: la comunità è legatissima alla sua Santuzza anche se deve “dividerla” con il capoluogo Palermo che ne ha fatto la sua patrona. Nell’Anno giubiliare rosaliano, che celebra il quarto centenario del ritrovamento delle spoglie della fanciulla che avrebbe salvato Palermo dalla peste, e l’avvio di un culto che viene celebrato dai siciliani nel mondo, ecco quindi un percorso suggestivo tra arte, storia e natura proposto ai viaggiatori alla ricerca delle proprie radici.
Un percorso che consentirà di scoprire con esperte guide locali la grotta che ospitò la Santa tra il 1150 e il 1162, il santuario e gli ambienti conventuali abitati per tanti anni dalla congregazione di eremiti. E una tappa importante per i visitatori e i devoti, sarà anche la Matrice che ospita, nella cappella dedicata la santa, in un busto argenteo, frammenti di reliquie donate nel 1625 dal cardinale Giannettino Doria alla comunità quisquinese.
È in questi luoghi che Santa Rosalia cominciò la sua parabola di vita, rifiutando il matrimonio e avvicinandosi alla natura come si confaceva a una fanciulla che voleva fuggire il mondo. Raggiungere il secolare Bosco della Quisquina vuol dire assorbire una sacralità insita nel luogo, che trasuda da ogni pianta in questo Eden incontaminato.
Il percorso non può che concludersi alla famosa “quercia granni” (quercia grande), una roverella di circa 700 anni che si erge solitaria e incorruttibile: è questo il luogo dove, secondo la leggenda, Santa Rosalia, eremita in una grotta vicina, andava a pregare quotidianamente.
La Matrice è un luogo bellissimo, da non perdere: risale al XIV secolo, all’epoca era stata dedicata al culto di San Nicola, e fu costruita per volere dal potente Federico Chiaramonte. È un’imponente chiesa a tre navate, ospita anche l’urna dorata di Gesù Cristo che viene portata in processione il Venerdì Santo con la statua dell’Addolorata, accompagnata da “u’lamentu”, canto popolare di antichissime origini, tramandato di generazione in generazione. Di solito i più anziani intonano a turno le strofe – le cui parole sono in realtà quasi incomprensibili – per infedeli riuniti, mentre il resto del gruppo crea un’eco di urla e lamenti alla fine di ogni strofa.
Molti degli affreschi si devono ai fratelli pittori Manno, Antonio e Vincenzo, che lavorarono anche all’eremo della Quisquina. Fu il principe Giuseppe Emanuele Ventimiglia a volere la loro arte per la Matrice.
Durata della visita
3 ore
Offerta in
italiano
Informazioni/Da sapere
Adatto a Tutti
Non accessibile in sedia a rotelle
Località/Il posto
Indirizzo
Piazza Castello, Santo Stefano Quisquina AG, Italy
Come arrivare
Da Palermo imboccare la Statale 118 fino a raggiungere Santo Stefano Quisquina.
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Informazioni
Ente organizzatore
Associazione Turismo delle Radici - Sicilia
Giorni e orari
Tutti i giorni