Quella del “Muzzuni” è una festa di antichissima tradizione, riconducibile alla civiltà ellenica, retaggio di un antico rito propiziatorio alla fertilità della terra legato al mondo contadino. Originariamente si celebrava il 21 giugno per il solstizio d’estate, il giorno più luminoso dell’anno. Con l’avvento del Cristianesimo venne spostata al 24 giugno, dedicato a San Giovanni Battista, martire decapitato. Da allora elementi pagani e cristiani si mescolano in questo rito che si ripete da secoli.
Ma perché si chiama “Muzzuni”? il termine dialettale si riferisce a una brocca priva di collo (mozzata) rivestita con un foulard di seta e adorna di ori appartenenti alle famiglie del quartiere, dalla cui sommità escono steli di orzo e grano fatti germogliare al buio, lavanda, garofani e spighe di grano già maturato. All’imbrunire inizia la fase preparatoria della festa le cui protagoniste sono esclusivamente donne. “U Muzzuni” viene prima portato in corteo nelle stradine dei quartieri del borgo di Alcara Li Fusi tra canti e balli popolari. Poi, viene accolto sugli altarini precedentemente addobbati attorno ai quali vengono stese le cosiddette “pizzare”, tipici tappeti tessuti con l’antico telaio a pedale utilizzando ritagli di stoffa. Tappeti che fanno bella mostra di sé anche dai balconi, sulle pareti delle case e lungo le strade. La festa è un inno al rigoglìo della natura, all’amore e alla giovinezza, “documento vivente della nostra radice umana e culturale”, scrisse l’antropologo Antonino Buttitta.
Davanti al “Muzzuni” ancora oggi, si rinnova il “Rito del comparatico”, grazie al quale si rafforzano vecchie amicizie e se ne intrecciano di nuove. Questa festa è riuscita a sopravvivere fino ai giorni nostri per merito della comunità degli alcaresi che hanno saputo perpetuare questo antico rito di religiosità pagana, fonte di promesse, fertilità e abbondanza.